fly & drive in
Portogallo
diario di viaggio
Lasciati ispirare dal mio racconto di viaggio e se anche a te affascina un fly & drive in Portogallo
La nostra vacanza inizia il 23 aprile, con l’arrivo in aereo a Porto e il noleggio dell’auto.
Ci fiondiamo subito in città, smaniosi di iniziare la sua scoperta. Adagiata sulla costa nord del Rio Douro, Porto di presenta subito vivace e variegata.
Stradine tortuose tra case colore di azulejos, dividono quartieri apparentemente molto diversi tra loro, accomunati dall’atmosfera salmastra.
Facile imbattersi nelle tante cantine storiche dove si stagiona il famoso vino omonimo, dalle quali poi venivano distribuite a pochi fortunati in tutto il mondo tramite le vie acquee. Sulla riva nord si trovano ormeggiate delle ricostruzioni d’imbarcazioni d’epoca per il trasporto delle botti, che inducono immediatamente il turista ad immaginare i lenti traffici di altri tempi.
Dal centro, alla sponda sud del fiume si arriva attraversando il pittoresco ponte D. Lius I. Da qui parte una lunga passeggiata in riva la fiume, dove si susseguono negozi e ristoranti. La fa da padrona la sardina, in tutte le sue forme e colori, con negozi tipici agghindati a festa con scenografie marinaresche.
Alloggiamo in zona porta, lì dove la città si fonde con l’abitato di Vila Nova de Gaia, nel bel mezzo di un villaggio di pescatori. Da qui si respira un’atmosfera autentica, di cose semplici e buone. Fatta sera i tanti ristoranti di pesce che animano il villaggio si popolano e le braci si accendono, innondando l’area di un profumo ipnotico.

Giorno 24 marzo. Si parte alla volta di Guimarães, un piccolo borgo medioevale dal grande passato. In questo luogo è nato il primo re del Portogallo, Alfonso I, e da qui si mossero per le prime battaglie per l’indipendenza nazionale.
La nostra visita si snoda tra i vicoli del centro, lastricato e colorato, ricco di vita, ma non affollato. I nostri passi lenti ci portano a Largo da Oliveira; la piazza che prende il nome dall’olivo secolare che la abita. Uno splendido chiostro battesimale, decentrato, di fronte alla chiesa che umilmente rimane decentrata, rappresenta il perfetto pitstop per il un selfie.
Raccogliamo i figli sparsi, rimettiamo gli occhi sotto le lenti da sole e ripartiamo adagio alla volta di Prada de S. Tiago. Qui, volendo, ci si può accomodare in uno dei tanti locali all’aperto e gustarsi una sosta, col sole che si riflette sul lastricato di pietra e le case medioevali che abbracciano la piazza e che ci fanno chiedere come ancora riescano a rimanere in piedi.
Via! Slancio di reni, mani sulle ginocchia e saltello sui talloni. Dobbiamo andare dal signore della città: il Palazzo dei Duchi di Braganza.
Ripercorrendo i passi fatti, quasi volendo lasciare la città, proseguiamo in leggera salita fino a quando ci si apre davanti un palazzo di pietra, che si fa fatica a classificare: è una fortezza o una residenza? È sfarzoso o sobrio? La sua fisionomia ci sorprende; noi, abituati linee architettoniche ricorsive, quì tutto sembra rispondere a regole proprie.
Possiamo visitare il Palazzo con un biglietto famiglia molto conveniente, che, devo dire, un pò ci fa riflettere su come queste agevolazioni siano apprezzate quando il numero dei viaggiatori supera la coppia.
Si dice che il luogo sia una tra le mete preferite per set cinematografici di pellicole storiche. In effetti, si ha l’impressione di entrare un mondo fantasy, tanto che ci si aspetta che prima o poi spunti un drago o uno stregone. Tanto è conservato con cura, che si ha l’impressione si tratti di una ricostruzione dei nostri tempi. Gli ambienti sono arredati con mobili d’epoca: essenziali e lineari. Tra tutto, hanno attratto la nostra attenzione i camini, necessariamente molto grandi in relazione agli ambienti. Non mancano le tele, ma ciò che la fa da padrone sono gli immensi e finissimi arazzi, che raccontano le storie del casato con un dettaglio ed una precisione impressionante. Impossibile non domandarsi con quali telai siano stati composti e quante mani vi abbiamo collaborato.
Tra i camini, stupisce per invettiva, quello che dava sulla camera da letto del signore: una finestra sulla sua spalla riporta all’ambiente notturno, potendo estendervi il calore nelle ultime ore del giorno che precedono il sonno.


Terminata la visita del palazzo, vincendo la gravità sulla via che scende fino alle piazze del borgo, abbiamo risalito verso il castello medioevale. Abbarbicato su spuntoni di roccia viva e circondato da un rigoglioso giardino, ricorda il riposo del guerriero. Ottimo set per foto in famiglia e … gli immancabili selfie

Tornando da un’altra via abbiamo attraversato l’attiguo giardino pubblico, passeggiando tra il profumo delle ginestre e consumando gli ultimi scatti.
Ciò che portiamo con noi è certamente il ricordo dell’atmosfera distesa che questo piccolo borgo bagnato dai primi raggi di sole primaverile ci ha regalato, che si apre al turismo, ma che rimane misurato in tutte le sue espressioni. Un logo incantevole, tanto simile a borghi italiani eppure unico.

Proseguiamo per Braga, a visitare il santuario do Bom Jesus do Monte.
Un luogo di fede, una meta votiva, un sito di pace e relax. Vi potrete arrivare in diversi modi, a riprova dell’incisività del luogo. In auto, seguendo il navigatore fino alla chiesa do Bom Jesus e parcheggiandovi a pochi passi. In alternativa, potrete parcheggiare a valle, impostando sul navigatore la stazione della funicolare do Bon Jesus, e risalendo la scala votiva. Per i più esigenti la stessa funicolare rappresenta il certamente il vettore più comodo e particolare.
Noi le abbiamo provate tutte!
Abbiamo parcheggiato a monte, in prossimità della chiesa e vi siamo subito entrati. All’interno , alle spalle dell’altare, colpisce un grande complesso scultoreo della crocifissione, epilogo del percorso votivo che noi stiamo svolgendo a ritroso.
Fuori la chiesa, tutto intorno verso monte, si estende un parco ricco di pergolati, percorsi in ombra con belvedere e addirittura un circuito intorno ad un laghetto, dove potrete noleggiare (2€/persona) piccole barche a remi per godervi 15 minuti romantici. E poi, percorsi fitness, bar, hotel, ristorante…insomma, un’area molto servita. Dopo una breve esplorazione, torniamo al piazzale della chiesa, meta della lunga scalinata votiva che parte da valle.
Al fianco destra della scalinata, compie i suoi continui viaggi quella che da molti è ritenuta la più antica teleferica del mondo. Un’opera di ingegneria che ci ha affascinato, con un’impronta green che fa riflettere. Due vagoni scorrono sui rispettivi binari alternandosi nella direzione, trovandosi agganciati ai capi opposti di un possente cavo in acciaio, che a monte, nella stazione di arrivo alla chiesa, ruota intorno ad una carrucola. Qui, il vettore di turno carica i propri serbati di acqua fino a raggiungere il peso adeguato a poter trainare per gravita l’atro vettore, che nel frattempo si trova a valle col serbatoio vuoto. Un simpaticissimo macchinista che parla italiano ci regala una speciale descrizione del particolarissimo funzionamento.Per il breve viaggio, che si sviluppa diritto affiancato dagli alberi, i passeggeri possono prendere posto sulle antiche panche di legno all’interno del vagone oppure, come abbiamo scelto noi, su un balcone esterno con funzione, forse, di portapacchi. Ci siamo divertiti un mondo!
Giunti a valle, risaliamo la lunga scalinata composta di circa 600 scalini, che accompagna il pellegrino per le tappe di una particolare via crucis. Ogni livello della scalinata ricorda i momenti dolorosi vissuti da Gesù, con piccoli oratori che custodiscono la rappresentazione scultorea dei tragici momenti.
Sul percorso, si incontrano poi delle fontane, ognuna allegoria dei vizi che il fedele deve lasciarsi alla spalle prima incontrare il Signore nella sua casa.
La visita ci ha coinvolto molto e la giornata è volta velocemente a sera. Ci dirigiamo verso Braga, ma ormai i toni della città sono spenti e non riusciamo ad apprezzarla appieno.
Non ci facciamo però mancare una passeggiata in centro, cercando di immaginare il corso principale di giorno, quando i tanti negozi del corso attrarranno certamente tanta gente.
Ora di cena! Scopriamo un ristorante fusion veramente accogliente, si chiama KIANDA dal nome che gli angolani danno alla dea del mare. Stupenda esperienza, ricca di risate in famiglia e di gioia, favorita anche da un litro di Sangria!









25 marzo. Il nostro viaggio in Portogallo prosegue verso sud e ci porta ad Aveiro, la città lagunare sulla costa. Devo dire che il fatto che sia anche conosciuta come la piccola Venezia alza un pò le aspettative oltre il reale…..
Si tratta di una piccola cittadina, con architettura moderna e gradevole, ma che non incanta. Si snodano tra le sue vie piccoli canali che i turisti, ma non noi, navigano con imbarcazioni a motore che ricordano le gondole per il solo fatto che galleggiano.
Un pò annoiati, abbiamo affogato la delusione in pasticceria, provando i dolci tipici del Portogallo. Il nostro studio sul campo…ci ha portato a comprendere che al centro dell’arte dolciaria portoghese c’è l’uovo, in tutte le sue forme. Scopriamo così che Aveiro ha dato i natali all’Ovo Mole, un pasticcino composto principalmente da tuorli d’uovo e zucchero, con l’aggiunta di altri ingredienti come acqua e farina. La preparazione è un processo laborioso che richiede pazienza e maestria artigianale. I tuorli d’uovo vengono delicatamente mescolati con lo zucchero fino a ottenere una consistenza liscia e cremosa. Questa crema viene poi cotta a fuoco lento fino a raggiungere la consistenza desiderata, che è densa ma morbida al tempo stesso.
Io, invece, ho lasciato agli altri i dolci (bhe! a parte qualche assaggino) e mi sono dedicata all’imperatore della cucina Portoghese: la Pastel de Bacalhau. Questa prelibatezza portoghese è una sorta di frittella o crocchetta preparata con baccalà e formaggio pecorino, oltre ad altri ingredienti come patate, cipolle, uova e prezzemolo. Il tutto innaffiato con un buonissimo vino Porto.


Facciamo sosta a Coibra, una città universitaria costruita sul fiume Mondego. Il passeggio e gradevole, anche se il clima non è dalla nostra parte. Sembra un pò di muoversi tra i vicoli di una cittadina veneta. Attraverso una salita che conserva i segni di un passato medioevale, arriviamo alla parte nord della città, dove ha sede il campus universitario, uno dei più antichi del mondo. La struttura si sviluppa tutto intorno ad un’ampia piazza circondata da muro perimetrale, da dove si può apprezzare una vista panoramica sul fiume che scava il letto della città. Coimbra è anche nota per il suo legame con il Fado, il genere musicale tradizionale portoghese, malinconico e innamorato.



Il 26 marzo la nostra gita prosegue alla volta di Tomar, un borgo reso famoso dai templari.
Infatti la città ospita un antico monastero, stratificatosi nei secoli a partire da un primo insediamento attributo ai monaci guerrieri.
La strada che porta la sito è affiancata da un acquedotto ad archi molto ben conservato. Contrariamente a quanto siamo abituati, percorrendo pochi gradini, è stato possibile salire su una stazione di controllo e smistamento delle acque e vedere da vicino l’ingegno di questa opera. È stato bello per i ragazzi poter toccare con mano le cose lette sui libri di storia.
La visita al monastero è d’obbligo. Defilato dal centro abitato, si raggiunge in auto. Un piccolo parcheggio consente la sosta, ma conviene pianificare bene la visita per studiare l’orario di minore afflusso. Noi siamo arrivati presto e questo ci ha favorito.
In prossimità del parcheggio, la nostra attenzione viene richiamata da un figurante, che in abiti uniforme templare completa di elmo, spada e forziere, offre una foto ricordo, in cambio di un’offerta per la causa…
Da lì si è vicini all’ingresso del giardino, che nel passato, con ogni probabilità, fungeva da grande orto per le esigenze della comunità monastica e che si sviluppa all’interno delle più antiche mura difensive con camminamento di ronda. Oggi è di fatto un aranceto, che durante la nostra visita ci ha accolto in fiore, con profumi e colori emozionanti. Ripercorrendo i passi delle guardie, l’ungo il perimetro del muro, è possibile godere di un bel verde e di un’atmosfera rilassante. Dal giardino è visibile il portico d’ingresso della chiesa che ritroveremo successivamente, nel circuito a pagamento. Ancora non sappiamo cosa ci aspetta, ma l’architettura ricca di simbolismo e di pregevole fattura crea in noi grandi aspettative e ci fa percepire un’atmosfera enigmatica.
Ripercorrendo la strada a ritroso verso il parcheggio e proseguendo ancora avanti giungiamo all’ingresso del monastero. L’ingresso è a pagamento, ma i prezzi sono come sempre contenuti e non mancano le offerte famiglia.
La visita dura circa due ore snodandosi tra chiostri, porticati e ambienti che stupiscono per l’acume architettonico col quale questi monaci risolvevano problemi pratici del quotidiano. Stupisce, per esempio, il sistema di riscaldamento della zona abitativa, dove risiedevano le cellette. Un’intero ambiente ospitava un enorme camino a baldacchino; l’aria calda veniva poi convogliata nel contro-soffitto in legno, che si estendeva a tutte le celle del piano. Un sistema semplice ed efficace che consentiva a monaci un minimo di tepore.
Anche il refettorio e le cucine lasciano stupiti pensando che hanno servito così tante persone così a lungo. Nella sala da pranzo, i religiosi sedevano su lunghissimi tavoli paralleli, potendo ascoltare la Parola promulgata da due pulpiti laterali, raggiungibili da camminamenti nascosti.
Ma è la chiesa circolare, in tipico stile templare, che affascina più di tutto, con il suo altare centrale a baldacchino che si eleva verso il celo come se mai lo raggiungesse. Tutto intorno le pareti sono decorate riccamente, con scene dei Vangeli a tinte oro e porpora. La bellezza esterna l’avevamo assaggiata dal portico intravisto dal giardino, ma svicolando dai labirinti dei chiostri ci troviamo davanti una finestra decorata con tanta precisione da far pensare alla pietra come un materiale duttile, ricca di illustrazioni e riferimenti alla vita marinaresca.
Finita la visita al monastero, non ce la siamo sentita di andar via senza visitare il centro del paese, che ci ha regalato una breve passeggiata ed un pranzo al volo.
Dal lungo fiume, attraversando un piccolo ponte, si raggiunge il parco pubblico. Un buon luogo per delle foto e dove potrete giocare con una finto mulino ad acqua alimentato dalla corrente del sottostante fiume.



Da Tomar ci dirigiamo a Fatima. Purtroppo, la pioggia ha un un pò sottratto fascino a questa visita.
Ci ha stupito scoprire come i luoghi che pensavamo di conoscere sommariamente poiché tante volte visti in foto o in televisione, siano così diversi quando ci metti realmente i piedi.
Abbiamo per esempio scoperto come le chiese in effetti siano due, costruite sui lati opposti di una superficie di terreno a forma di sella, con al centro un grande piazzale per ospitare i numerosi fedeli durante le celebrazioni all’aperto.
La chiesa principale, la più nota e la più fotografata, internamente appare semplice e lineare, lasciando il pellegrino concentrarsi sulla spiritualità del luogo prima che sulle sue bellezze. Estesamente si collegano all’ingresso due porticati simmetrici che abbracciano parte della piazza. Dal lato opposto la chiesa sconosciuta; certamente più moderna. L’architettura ricorda un megafono, con l’altare posto al centro del cono di diffusione della Parola. Nel seminterrato si trovano numerose cappelle, ognuna dedicata ad un diverso aspetto contemplativo.



La prossima tappa ci porta al faro di Nazaré, sul promontorio in prossimità della città.
Un vento travolgente rende difficile anche solo stare fermi, ma il richiamo dell’oceano è irresistibile. Qui pare che si siano registrate onde tra le più alte del mondo. Ciò accade per una particolare conformazione del fondale marino in prossimità della costa, che presenta un improvvisa depressione sulla quale le masse d’acqua si infrangono violentemente, attraendo surfisti da tutto il mondo. Dall’area parcheggio si gode di una splendida vista sulla città e sulla sua lunghissima spiaggia dorata, che noi riusciamo a immortalare al tramonto.

Il 27 e 28 marzo il nostro viaggia ci ha portato a Lisbona. La pioggia forte ha provato a fermarci, ma abbiamo resistito e tra una nuova e l’altra, ci siamo fatti i nostri giri.
Il cuore pulsante di Lisbona è il suo affascinante centro storico, un labirinto di strade tortuose, piazze pittoresche e antichi monumenti. Perdersi tra i vicoli lastricati di pietra è un’esperienza indimenticabile, con le sue chiese storiche, i palazzi colorati e i caffè accoglienti che invitano a una pausa rilassante.
Iniziamo la nostra passeggiata nel quartiere più antico di Lisbona, Alfama, con le sue strette stradine lastricate e le case dai colori vivaci. Perdersi tra i vicoli pittoreschi di Alfama consente di scoprire antichi monumenti come la Sé Catedral, la chiesa più antica della città, e il Castelo de São Jorge, che offre una vista mozzafiato sulla città e sul fiume Tejo.
Continuando verso Baixa, attraversiamo una parte di città caratterizzata da ampie piazze, dai viali alberati e dai palazzi storici. Come non fotografare la magnificenza dell’Arco da Rua Augusta, passeggiando lungo la Rua Augusta fino alla Praça do Comércio, una delle piazze più imponenti di Lisbona, con la sua maestosa statua di Re José I.
Poi più su, al quartiere di Bairro Alto, noto per la sua vibrante scena culturale e la sua vita notturna animata. Le sue stradine strette e tortuose brulicano di caffè, negozi d’arte e locali alla moda. Dal Miradouro de São Pedro de Alcântara fotografiamo una vista spettacolare sulla città.
Per concludere la nostra scoperta della città, ci dirigiamo verso il quartiere di Belém lungo il lungomare, solo per una foto con la famosa Torre di Belém, un’icona del XVI secolo che si erge sulle rive del fiume Tejo.



Il 29 marzo si fa tappa a Sintra, per visitare il Palazzo Pena, una delle residenze reali più spettacolari del Portogallo, circondata dal Parco Naturale di Sintra-Cascais.
Attenzione però: la strada per raggiungere il borgo è stretta e il gran numero di turisti crea grande traffico e difficoltà di parcheggio. Per evitarlo, abbiamo preferito parcheggiare in un posto insolito (e gratuito), a poca distanza, per poi percorrere un sentiero nei boschi che porta al palazzo. Per trovarlo seguite le indicazioni che vi portano al parcheggio del Miradero di sant’Eufemia e risalite a piedi il sentiero.
Situato su una collina che domina la città di Sintra, il Palazzo Pena è un vero e proprio capolavoro dell’architettura romantica del XIX secolo. Le sue torri e le sue cupole multicolori emergono tra gli alberi del parco circostante, creando un’immagine da fiaba che sembra uscita da un libro illustrato. Per ragioni di tempo abbiamo preferito non visitare l’interno del palazzo, ma passeggiare nei suoi giardini paesaggistici, con le loro terrazze panoramiche, le fontane e le sculture, che offrono viste spettacolari sulla campagna circostante e sull’oceano in lontananza.
Il Palazzo Pena è circondato dallo splendido Parco Naturale di Sintra-Cascais, ideale per passeggiate all’area aperta tra tanti ambienti modellati dal gusto dei reali proprietari.

Passeggiando nel bosco, con un pò di ricerca, troverete lo chalet della regina: una abitazione in legno, inserita perfettamente nel contesto naturale, caratterizzata dall’uso spinto del sughero, per solare le pareti esterne, quanto per decorare quelle interne. Una vero perla.
Questo luogo è l’ideale per dedicare alla vostra vacanza momento di tranquillità. Ci si potrebbe passare l’intera giornata!
Oltre al palazzo, Sintra offre un piccolo borgo denso di luoghi mangerecci, dove poter ritrovare le forze dopo le lunghe passeggiate nel parco.




La prima meta del 30 marzo è stata Cabo de Sao Vicente. Da qui si respira l’immensità dell’oceano e si può provare quella malinconia di un’orizzonte senza fine che deve aver ispirato i sogni di tanti marinai del passato. La giornata di sole ci regala scorci splendidi per belle fotografie al paesaggio. Muovendo verso Faro abbiamo anche il tempo di una sosta in spiaggia a Sagres, dove passiamo qualche minuto a sparlare dei numerosi surfisti che sfidano le onde e il gelo.
All’ingresso di Faro, sul campanile, ci accolgono le cicogne, che lì hanno fatto il nido apparentemente incuranti di tutti noi. La cittadina è pressoché deserta e ci tocca solo immaginare che belle potrebbero essere in piena estate le sue viuzze piene di turisti.
Fortuna vuole che ci troviamo nel bel mezzo di una sagra gastronomica, con ogni tipo di prelibatezza portoghese, rigorosamente unta e bisunta, ma certamente invitante. Tanto che decidiamo di fermarci a pranzare e lo facciamo facendoci consigliare dall’oste un mix di salsicce cotte alla brace. Direi che ci ha consigliato bene!
La città di Faro è nel bel mezzo di un’area lagunare, che lascia una striscia di sabbia a protezione della costa. Quella è la lunghissima, stretta, desolata, spiaggia di Faro. Un luogo molto particolare, che sembra vivere solo pochi mesi l’anno. Probabilmente residenza dei pescatori di zona, ospita tante piccole casette, alcune di queste parzialmente sommerse dalla sabbia a causa del forte vento! Impossibile non pensare alla fatica dei proprietari quando in agosto decideranno di venire a farsi un bagno.

Il pesce d’aprile ci porta ad Albufeira. Qui ci sentiamo a casa: ricorda la costa romagnola, con la sua confusione, il passeggio in costume da bagno e i ristoranti invadenti. La cittadina si sviluppa su due livelli: quello storico, in alto, e quello modaiolo e turistico, in basso, vicino alla lunga spiaggia. Immancabili le foto con le tante statua disseminate in città come turisti immobili e silenziosi.





La prossima meta è Evora, nel cuore del Portogallo. Per arrivarci percorriamo lunghe e desolate strade che attraversano distese interminabili di campi verdissimi. Una cornice stupenda anche per un viaggio di qualche ora in auto. Ad Evora ci porta il consiglio di un’amica. Parrebbe che qui sia visitabile un tempio romano integralmente conservato. D’accordo noi non abbiamo approfondito troppo, non vogliamo certo minimizzare il fatto che si tratti di patrimonio UNESCO, però dire che il tempio di Diana ad Evora sia conservato perfettamente è di certo un’esagerazione. Come spesso accade, ci ha salvato la cena.

In serata si rientra a Porto, per poi, domani, prendere l’aereo che ci riporterà a Roma.
Non vogliamo perdere neanche un minuto di vacanza e così, sistemate le nostre cose, giù per le stradine del centro. Si conferma di certo una delle mete più belle e vivaci. Il sole è sceso e le pance brontolano. Così cerchiamo un ristorante che ci possa lasciare un ricordo vero del Portogallo. La lunga e non semplice ricerca ci ripaga. Una cena memorabile, bagnata da buona Sangria, che ci ha portato a gustare bombe caloriche indimenticabili.
